18 marzo 2007: l"incipit


"Vieni a fare un giro dentro di me
o questo fuoco
si consumerà da sè.
E se una vita finisce qua
quest'altra vita
presto comincerà"

Con parole di altri (gli Afterhours), apro questo blog, con il fuoco che spero non si spenga mai.
Ho scritto molte parole, forse inutili o banali, o forse interessanti, irriverenti e divertenti.Le ho pubblicate altrove, ma a volte capita che dopo una giornata al mare si torni a casa solo con la sabbia nelle scarpe.
Ecco spiegato, quindi, il perchè di post retrodatati.
E' iniziata anche questa avventura..davanti, l'orizzonte. Sconosciuto. E per questo, assolutamente elettrizzante!
Buona lettura a tutti!



09 settembre 2007

Boheme

"Che gelida manina! Se la lasci riscaldar. Cercar che giova? Al buio non si
trova. Ma per fortuna è una notte di luna, e qui la luna l'abbiamo vicina"

La soffita occupa il centro del grande palco, scenografia più piccola e modesta in una cornice di buio. Un tavolo, qualche sedia, un lume e una piccola stufa.
Fogli sparsi ed un calamaio.
Rodolfo scrive, poeta, l'articolo di fondo per il giornale per cui lavora.
Il suo scrivere viene interrotto; bussano alla porta.
La vede.
Pallida, ma dagli occhi così belli che lo fanno subito innamorare.
Le si è spento il lume e, da vicina"inopportuna", lei ha bussato alla sua porta.
Un colpo di tosse, un breve svenimento, un saluto.
Poi la ricerca della sua chiave, che Rodolfo trova ma nasconde in tasca.
Bisogno di un pò di calore per quelle membra così fredde.
Calore delle rime di un poeta e di un fuoco che miracolosamente è vivo oggi.
Sono le 13.30 di una giornata leggermente meno afosa rispetto a quelle passate, sebbene comunque umida.
Nel piazzale che separa i tre edifici del Lincoln Center, un mercatino domenicale mischia spettatori a curiosi, turisti ad amanti dello shopping di lusso in tende da discount.
In sottofondo, le note della Meditazione da Thais di Massenet, diffuse da un violino acustico ed altoparlanti.
Nel New York State Theatre, invece, le note della Boheme di Puccini.
L'ho vista almeno dieci volte, eppure mi commuovo come fosse la prima volta.
La prima volta che le mie orecchie ascoltano una musica così bella nonostante la banalità del dialogo.
La prima volta che vedo con occhi da spettatore una triste eppure grande storia d'amore.
La prima volta che anche le mie mani si fanno gelide e necessitano di calore.
Posto in alto ( 4° ring, fila G), ma il teatro è stato costruito talmente bene che anche in fondo in fondo si riesce a vedere bene il palco e l'orchestra, che occupa l'apposita cavea scavata.
Il rumore dei fogli, dei piatti di Momus e lo strepitio del parquet a terra al passare delle persone.
Un rumore di vita in una storia di morte.
In una città che si accinge a commemorare una giornata tragica con compostezza, che da una strage inaspettata e livellatrice fa emergere due fasci di luce fino al cielo, a mò di sentiero verso il Paradiso.
"Sei il mio amore e tutta la mia vita".
La chiamavano Mimì, ma il suo nome era Lucia.
Ora ha le mani al caldo e dorme.
Io, invece, mi asciugo le lacrime.

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