18 marzo 2007: l"incipit


"Vieni a fare un giro dentro di me
o questo fuoco
si consumerà da sè.
E se una vita finisce qua
quest'altra vita
presto comincerà"

Con parole di altri (gli Afterhours), apro questo blog, con il fuoco che spero non si spenga mai.
Ho scritto molte parole, forse inutili o banali, o forse interessanti, irriverenti e divertenti.Le ho pubblicate altrove, ma a volte capita che dopo una giornata al mare si torni a casa solo con la sabbia nelle scarpe.
Ecco spiegato, quindi, il perchè di post retrodatati.
E' iniziata anche questa avventura..davanti, l'orizzonte. Sconosciuto. E per questo, assolutamente elettrizzante!
Buona lettura a tutti!



04 aprile 2006

Intervista ai The Black Heart Procession

Pall Jenkins e Tobias Nathaniel sono i The Black Heart Procession, un gruppo nata nel 1997 da una costola dei Three Mile Pilot di San Diego.
Dopo aver pubblicato il loro primo album, «One», nel 1998, l’anno seguente è stata la volta di «Two» e nel 2000 quella di «Three».
Tre album in tre anni, intesi come un album unico, una trilogia di un medesimo pensiero musicale ed artistico.
Dopo due anni di silenzio, eccezion fatta per tre pezzi incisi in vinile tra il 1999 e il 2001, pubblicano «Amore del Tropico», definito da loro «una sorta di concept ispirato ad un delitto per amore» e caratterizzato da suoni diversi rispetto a quelli precedentemente diffusi dal loro gruppo, con sonorità latine e ritmi diversi.

Per il prossimo 9 maggio, invece, è prevista l’uscita di «The spell», la loro ultima fatica, sempre con la Tounch and Go Records, produttrice di tutti gli altri album a partire da «Two».
Come mai avete scelto come titolo del nuovo album «The spell»?
Non potevamo certamente continuare a titolare i nostri album con dei numeri! Voglio dire, chiamarli «Four» o «Five» sembrava stupido… Avevamo, quindi, bisogno di cambiare. E volevamo scegliere un titolo per l’album che fosse adatto al nostro pensiero di adesso. Voglio dire, «The spell», l’incantesimo, era perfetto per rendere l’idea di quello che avevamo registrato e scritto.

L’incantesimo inteso nei confronti di una donna che vi ha stregato o nei confronti di una società che ci tiene come in un incantesimo?
L’incantesimo ha più una valenza politica, non è solo nei confronti di una donna, l’album parla molto di politica, poi ognuno lo interpreta e lo acquisisce come preferisce. Volevamo cercare di spiegare che ognuno è intrappolato in qualcosa, nel momento in cui ha un rapporto con un’altra persona, e quindi sia in una relazione con una persona che in altre relazioni sociali, come, appunto, in un incantesimo. A volte le persone si domandano come mai si trovino in delle situazioni scomode, come mai provino un senso di costrizione e volevamo rendere quest’idea di gabbia, di ragnatela, che, tra l’altro, è una parola che ricorre spesso nell’album. Rispondere, insomma, a domande di questo genere.

All’interno delle vostre canzoni molto malinconiche, nell’ultimo album c’è una canzone, «Places», in cui sembra che abbiate lasciato da una parte i sentimenti più tristi. Si percepisce, infatti, qui, la gioia di un bel ricordo. Come è nata una canzone come questa?
Per ogni persona una canzone trasmette un sentimento diverso, così come noi in ogni canzone ne vogliamo esprimere uno nello specifico. Volevamo far capire piuttosto cosa fosse il vero amore, cercando di viaggiare con la testa e ricordarci com’era.
E ci sono diversi posti legati ai ricordi, così abbiamo solo cercato di metterli insieme e lasciar sopravvivere le cose vere di un grande amore. Inoltre, se cerchi per molto tempo qualcosa, anche di negativo, quando la trovi ti ricordi subito il posto in cui l’hai trovata e ogni volta che ci pensi ci ritorni con la mente, anche se sei fisicamente lontano, tu viaggi fin lì. Toby, invece, a quanto pare l’ha interpretata un po’ più come me, come cioè voglia di «tornare in un posto dove siamo stati bene, che ci ha emozionato».

Ma tutti questi vostri “sentimenti disillusi”, che rasentano quasi la constatazione dell’assenza di un loro connotato positivo, a cosa sono dovuti?
Non credo i nostri siano sentimenti cattivi, è più romantica la cosa. Promulghiamo il vero amore, a tutto tondo. Ma ci sono tanti modi di interpretare le nostre parole, proprio perché noi parliamo di amore, senza specificare se è quello tra un uomo e una donna; in realtà il senso delle nostre parole è molto più politico che “sentimentale”.
Poi ognuno, però ed ovviamente, ci sente e ci legge ciò che più gli piace. La verità è relativa. E la voglia di controllare ciò che ci circonda prevale, in tutti i sensi. Come se, appunto, si fosse stregati in un incantesimo.

Qualcuno ha paragonato la vostra musica a quella di Cave e di Leonard Cohen. Il fatto di essere paragonati a qualcun altro è castrante per voi, a livello della vostra produzione musicale e nei confronti del vostro pubblico, perché vi fa sentire quasi obbligati a rispettare questa somiglianza, oppure no?
Sinceramente non credo che la nostra musica sia come quella di Leonard Cohen o come quella di Cave. Probabilmente il paragone l’hanno fatto a livello dei testi, dato che la loro musica è molto diversa dalla nostra. Forse, solo nei testi c’è una rispondenza, nel senso della malinconia e del modo in cui esprimiamo i nostri sentimenti e li mettiamo a confronto. Per cui non sentiamo alcun peso! Nessuno ha torto o ragione, torniamo al discorso della percezione della nostra musica; ognuno può riscontrarci delle somiglianze con altri generi musicali o con altri musicisti, ma in ogni caso noi non ci rifacciamo a nessuno in particolare.
Ovviamente abbiamo delle influenze personali, ma tutto ciò, per fortuna, non ci condiziona nella produzione musicale e dei testi. Noi cerchiamo in ogni caso di essere naturali, onesti e di fare il miglior prodotto di quello che sappiamo fare e vogliamo dire. Senza preoccuparci di rientrare o meno in una qualche catalogazione. E poi la cosa bella dei BHP è che, per fortuna, riusciamo ad avere una perfetta sincronicità nella creazione; sia io che Toby riusciamo a risponderci perfettamente nelle esigenze musicali e dei testi. Per cui magari nasce prima una musica con le note di Toby e poi un mio testo o viceversa; in ogni caso, tutto è in perfetta sincronicità. È una connessione.

Tu, Pall, scrivi tutte le canzoni e tu, Toby, suoni il piano. In più, però, suonate moltissimi strumenti, essendo pertanto dei polistrumentisti che si avvalgono, ogni tanto, della collaborazione musicale di altri amici o musicisti. E spesso e volentieri ci sono rumori di sottofondo che aiutano a creare l’atmosfera delle vostre canzoni. Quando fate i live, non trovate difficoltà sia a riproporre sentimenti così emozionali sia a ricreare l’atmosfera propria delle canzoni davanti al vostro pubblico?
Vogliamo che le persone si emozionino. Per cui, ogni volta che suoniamo dal vivo, cerchiamo di farlo. Essendo poi, la nostra musica, appunto, emozionale, in genere non riproduciamo esattamente la canzone come è registrata in studio, ma ogni volta apportiamo delle modifiche, sia perché in studio si possono fare degli arrangiamenti che dal vivo non sono possibili, sia perché le emozioni sono diverse e quindi vano rapportate alle singole situazioni. Ed anche alle emozioni del nostro pubblico.
A volte è difficile per noi riprodurre delle canzoni, magari perché non ti va di suonarle, ma “lo devi fare”, o magari perché in quel momento non ci ritroviamo con il sentimento della canzone, ma facciamo questo mestiere e queste sono le nostre canzoni, per cui, volenti o nolenti le dobbiamo fare. In più, appunto, spesso e volentieri, modifichiamo in corso d’opera le canzoni stesse, andando ad interagire sia con i nostri sentimenti che con il pubblico stesso.
Cerchiamo di fare musica, magari solo col piano, o insieme ad esso. Cerchiamo di riprodurre attraverso la musica ciò che sentiamo. E cerchiamo di divertirci, trovando anche qualcosa che sia appropriato sia alla musica in sé che al testo, cercando in ogni caso di fare il nostro meglio. È un po’ un esercizio sulle nostre emozioni; a volte è una battaglie con esse, altre è perfettamente coincidente. Ma comunque, è il nostro lavoro.

BHP, come mai avete definito il vostro cuore nero? Perché feriti da qualcosa, per cui dal suo colore naturale, il vostro cuore si è macchiato o perché credete che sia proprio del genere umano possedere un cuore nero, quindi fondamentalmente cattivo?
In realtà, all’inizio, quando abbiamo rotto coi Three Mile Pilot, non avevamo un nome e cercavamo qualcosa di adatto per la band. A Toby, poi, piaceva molto l’idea di usare il termine processione, e anche molto quella di “cuori neri in processione”, persone, cioè, che sono in processione perché credono in qualcosa in comune per la quale sfilano. Senza contare che all’inizio avevamo un nome orribile, “The Couple”, che però voleva solo sottolineare il fatto che eravamo un insieme, vicini ed amici, ma, ovviamente, non era il nome adatto. Volevamo cambiarlo, così il giorno prima di un nostro spettacolo lo abbiamo fatto, trovando quello perfetto!

In un’intervista avete detto che il sound dei BHP è quello di «un uomo ubriaco che cammina senza scarpe»; ritenete che ancora adesso la vostra musica possa essere definita così?
Una domanda senza risposta….più o meno potremmo dire che la nostra musica ora è quella di un uomo senza gambe…!!!!

Dopo l’uscita di «The spell», i Black Heart Procession toccheranno con il loro tour alcune città italiane, come Bologna (il 9 maggio al Nuovo Estragon), Roma (l’11 maggio al tba) e Torino (il 12 maggio) all’Hiroshima.


-Pezzo uscito a aprile 2006 su www.lineamusica.it-