La visione del silenzio di Bahia. Caetano Veloso
Pedro Sà, Ricardo Dias Gomes, Marcelo Callado e Caetano Veloso.
L'intera platea della Sala Santa Cecilia dell'Auditorium di Roma non poteva chiedere di meglio per una serata dal sapore brasiliano ed americano allo stesso tempo.
Eh, già, perchè il cantautore di Bahia più famoso al mondo questa volta si è presentato al pubblico con un nuovo progetto, pubblicato lo scorso anno: Cê, abbraviazione di "vocè", che in portoghese significa "tu".
Ispirato principalmente dalle sue vicende personali -e soprattutto dal divorzio-, questo album è l'unico della sua infinita discografia ad esser composto interamente da canzoni scritte dal solo Caetano. Come a sottolineare anche che la scelta di esplorare vari mondi musicali osando uno stile che finora sembrava non appartenergli molto -fatta eccezione per la cover di Come as you are dei Nirvana, contenuta nell'album A foreign sound del 2004-, sia il suo modo per essere sempre un artista all'avanguardia, perennemente creativo e in continuo movimento.
Niente più, dunque, -o almeno non solo- canzoni a ritmo di samba, ma pura rivisitazione dell'elemento ritmico della samba e della bossanova, realizzata attraverso strumenti ad esse lontani, come la chitarra elettrica con distorsore.
Niente più ballate dal sapore nostalgico e doloroso, che si prestano alla sua voce così bella.
Sul palco di Roma, Veloso si è infatti presentato in jeans (giacca e camicia comprese) e solo le scarpe da ginnastica rosse a spezzare l'omogeneità del vestiario; occhialetti e capelli brizzolati e disordinatamente pettinati, aria da giovanissimo 65enne. E poi con il suo rock, con il suo progetto innovativo e coraggioso (al punto tale che dopo un paio di brani, mentre Veloso stava salutando l'affolata sala dell'Auditorium, è stato anche interrotto da uno spettatore nostalgico delle sonorità di Sozinho), coprodotto dal figlio Moreno.
Una versione velosiana di un album rock: ecco come si possono riassumere le due ore e mezza filate del concerto di Caetano Veloso a Roma.
Lui balla, salta, incita gli spettatori ad accompagnarlo con il battere delle mani, parla, ma soprattutto fa sognare. Dopo l'iniziale sbigottimento della platea, infatti, -abituarsi a questa nuova versione di Veloso è stato probabilmente un pò difficile per molti che erano seduti- Caetano ha incantato, come solo lui sa fare, con la sua straordinaria potenza vocale e con il suo sorriso, prodigato anche nei quattro bis che hanno definitivamente mandato a casa soddisfatti tutti i suoi ammiratori.
Fuse con le sue radici brasiliane, dunque, Veloso ha presentato delle canzoni in cui i Beatles, il rock degli anni '70 e il rock industriale prodotto negli ultimi decenni si sono mescolati a creare un affascinante unicuum. Inoltre, grazie alla collaborazione di Pedro Sà alle chitarre, di Ricardo Dias Gomes al basso e piano elettrico ed, infine, di Marcelo Callado alla batteria, Veloso ha oltremodo aumentato la confusione del pubblico; impossibile identificare tra i presenti chi fosse "il giovane cantante rock" e chi avesse contaminato chi nel fare musica.
Canta in portoghese Veloso, la voce della sua terra natìa e del ritmo che gli scorre nelle vene; esegue solo un brano interamente in inglese ed uno metà in inglese e metà in portoghese.
Abbraccia la sua chitarra classica, poi; si abbassano le luci e sul palco torna questo giovane uomo intristito dal pensiero di un amico che se n'è andato: Michelangelo Antonioni. Per lui, nel 2004, aveva scritto la colonna sonora del film "Eros" (l'episodio di Antonioni è "Il filo pericoloso delle cose") e con lui, nel 2000, aveva scritto un'elegia all'amore, pubblicata nell'album "Noites do norte".
" Visione del silenzio
Angolo vuoto
Pagina senza
parole
Una lettera scritta sopra un viso
Di pietra e
vapore
Amore
Inutile finestra"
Del resto, a Bahia, la tristezza, paradossalmente, fa rima con allegria e musica.
Nessun commento:
Posta un commento