Intervista a Silvia Salemi
Un titolo davvero insolito per un album. Cosa intendi per "mutevole abitante del mio solito involucro"?
Questo mutevole abitante è l'essenza che anima i nostri gesti, le nostre emozioni, i nostri comportamenti, le nostre visioni della vita..è la nostra anima. Il concetto di base è che è impossibile non cambiare, perchè altrimenti sarebbe un fallimento. Mi è venuto da riflettere su questo perchè a un certo punto mi sono trovata a riscontrare che il tempo aveva avuto deggli effetti su di me; anche se lì per lì io non me sono resa conto, gli anni mi hanno cambiata. L'errore più comune è, mentre qualcosa ti segna -nel bene o nel male-, rendersi conto solo del bene o del male che si sta vivendo, senza percepire che tipo di mutazioni le cose hanno poi portato in te. I cambiamenti ti lasciano dei segni che capiamo più tardi, quando magari ci comportiamo di conseguenza; ci sono sempre, anche se apparentemente sembrano microscopici.
Questo mutevole abitante è l'essenza che anima i nostri gesti, le nostre emozioni, i nostri comportamenti, le nostre visioni della vita..è la nostra anima. Il concetto di base è che è impossibile non cambiare, perchè altrimenti sarebbe un fallimento. Mi è venuto da riflettere su questo perchè a un certo punto mi sono trovata a riscontrare che il tempo aveva avuto deggli effetti su di me; anche se lì per lì io non me sono resa conto, gli anni mi hanno cambiata. L'errore più comune è, mentre qualcosa ti segna -nel bene o nel male-, rendersi conto solo del bene o del male che si sta vivendo, senza percepire che tipo di mutazioni le cose hanno poi portato in te. I cambiamenti ti lasciano dei segni che capiamo più tardi, quando magari ci comportiamo di conseguenza; ci sono sempre, anche se apparentemente sembrano microscopici.
Nell'album vesti anche i panni di co-produttrice e co-autrice. Come definiresti questa tua esperienza?
Sono sempre stata coautrice dei miei pezzi; la decisione di diventarne anche co-produttrice è nata dal bisogno di rispettare i miei tempi -sia di creazione delle canzoni che di realizzazione finale-, i miei gusti e le mie necessità. Purtroppo è quello che oggi questo mestiere richiede. Se non vuoi subire dettami che provengono dall'alto che ti dicono come cantare e come si deve fare l'album, puoi solo produrti il tuo lavoro. Anche il titolo dell'album, del resto, ne è un esempio; non è sicuramente un titolo facile nè corto, ma è quello che io volevo dare a tutto il lavoro. Certo, questa scelta impone difficoltà maggiori, che però sono poi ricompensate dal proporre al pubblico esattamente quello che si aveva in mente, con tutte le modalità e le sfaccettature pensate.
Mi interessava vivermi la mia dimensione liberamente. E ci sono riuscita in questo modo.
Ne "Il mutevole abitante del mio solito involucro" la parola chiave è "libertà". Come spieghi questa promozione della libertà in un momento della tua vita in cui hai costruito invece ciò che comunemente viene definita come la privazione per eccellenza della libertà, ossia un matrimonio e una figlia? Da cosa nasce questo tuo impellente bisogno di libertà?
In effetti, di libero, nella mia vita, formalmente, non c'è assolutamente nulla. Ho una figlia, un marito, un lavoro, una casa, quindi non si può capire a cosa mi riferisca quando parlo di libertà. Però, la libertà di cui parlo io è la libertà mentale, quella di volere un figlio, di volere sposare esattamente quella persona, di volere stare dietro a mia figlia tralasciando il mio lavoro, la libertà di voler scegliere una persona ogni giorno, la scelta di essere mamma, la scelta di fare un album ogni quattro anni, la scelta di intitolarlo con un titolo difficile.
Da una parte la difficoltà di mettere in pratica tutte queste libere decisioni, dall'altra l'immensa soddisfazione di realizzare liberamente quello che è stato liberamente desiderato. In questo contesto di totale libertà personale rientra anche la scelta di "Ormai" come prossimo singolo in uscita, probabilmente ad agosto. Non è un testo facile, infatti, non ha la tipica melodia da canzonetta estiva. Eppure ho deciso che sarà il mio secondo biglietto da visita proprio perchè voglio contestare questo diktat discografico che ad agosto devono uscire solo ed esclusivamente canzonette leggere e di facile ascolto. Credo che per un artista vivere sotto la cappa del "a gennaio si esce con il pezzo primaverile, a maggio si esce con un pezzo estivo e a settembre con un pezzo invernale" sia terribile; anche in questo, quindi, vorrei per una volta essere libera di scegliere i miei passi artistici.
Le canzoni a cui sei più legata di questo ultimo lavoro?
Sono due in realtà; una è "Domenica Siciliana", per diversi motivi. Innanzitutto ci canta sopra mia figlia e poi ci sono cori che mi ricordano di quando ero più piccola, cori in presa diretta; inoltre, parla della mia terra, delle sue tradizioni. In un momento in cui la Sicilia veniva profondamente attaccata anche per i fatti legati al calcio, volevo dire che la Sicilia è anche altro, per fortuna, da mafia, bulli, ragazzi drogati, tutti stereotipi che fanno di una terra una vergogna. Io sono innamorata della mia terra e delle sue tradizioni. La Sicilia non è una vergogna, ma una bellezza, e volevo dirlo, affermarlo con forza. La canzone quindi parla di chiesa, parla di famiglia, parla di passeggiate, parla di tradizioni, parla di aria serena, di sole, di mare; la Sicilia non è una favola, però c'è anche la favola, non c'è solo violenza.
L'altra canzone a cui sono particolarmente affezionata dell'album è "Ormai", che costituirà anche il prossimo singolo in uscita.
"Domenica Siciliana" riporta l'attenzione alla tua terra, da cui da anni vivi lontano. Quanto conservi di più della Sicilia?
Moltissimo. Sono follemente innamorata della Sicilia. Sia per la rabbia che la Sicilia ti fa venire, perchè è una terra in cui mentre gli altri camimnano tu devi correre se vuoi ottenere qualcosa, sia perchè ha delle contraddizioni dentro di sè talmente forti che anche la persona più insensibile ne resta fortemente colpita. Ne sono un esempio, del resto, la bellezza del posto ed il turismo disorganizzato, le città meravigliose che abbiamo e la delinquenza altissima che domina.
A proposito degli apparenti contrasti dell'album, parliamo di "Ormai". In questa canzone si percepisce una malinconia molto grande per un amore che non c'è più; eppure stava per venire al mondo la tua bambina. Da dove nasce un testo così struggente?
"Ormai", in effetti, è un paradosso vivente; l'ho scritta a pochi giorni dalla nascita di Sofia eppure parla di storie perdute, di sofferenze nel non avere più accanto chi si ama, parla della consapevolezza che si ha in quei frangenti che l'altro non tornerà più.
E', quindi, appunto, un paradosso totale.
Ognuno di noi ha un amore perso per sempre, e questo pensiero forse è stato più forte proprio nel momento in cui stava per nascere mia figlia, perchè ho affermato ulteriormente la mia recisione con il passato. Quello che era non torna più. Maturando ci si toglie alcuni abiti che hai portato fino a quel giorno; per una donna, poi, questo cambiamento è forse maggiore, specie nel momento in cui partorisce. Si cambia come persona, cambiano i propri paramentri di valutazione, le priorità, i bisogni. Mi rendo conto adesso che quello che prima percepivo imposto dalla mia famiglia, come l'istruzione, sono invece adesso regali che mi ritrovo. Anche se faccio un altro mestiere, anche se probebilmente non ci farò nulla con la mia laurea, mi sto per laureare in lettere moderne indirizzo ecologico e geografico. Una cosa inizialmente quasi imposta dalla forma mentis della mia famiglia, ma che ad oggi costituisce un più per la mia stessa persona, a prescindere dall'uso eventuale che ne farò.
Il video del singolo "Il mutevole abitante del mio solito involucro" ha la regia di Beppe Fiorello, recente vincitore, tra l'altro, del premio come miglior regista al debutto ai Venice Music Awards. Come mai hai deciso di affidare ad un "novizio" del settore la direzione di un tuo video musicale?
Innanzitutto Beppe ha una grande generosità artistica, come attore principalmente e anche come regista; per fortuna non ha l'ego ipertrofico tipico dell'attore, ma riesce anche a pensare agli altri. Questo suo altruismo è venuto maggiormente fuori nel suo ruolo di regista; del resto, conoscendolo, ne ero sicura. Ho infatti subito pensato subito che sarebbe stato l'uomo che faceva per me. Beppe è una persona innamorata del suo mestiere; è una persona attenta alla musica, che la apprezza e ne conosce tanta. E poi è siciliano come me. Quindi un ulteriore omaggio alla mia terra.
In due giorni e mezzo, quindi, abbiamo girato una cosa divertente, fatta bene e soprattutto molto coerente con il testo della canzone e che ha ottenuto da più parti quell'apprezzamento che meritava.
Senza contare che Beppe è anche un amico; ci conosciamo, infatti, da una decina di anni. L'ho incontrato una volta ad un compleanno di un amico in comune e subito è nata una simpatia. Rispetto a Rosario, che è un fiume in piena continuo, Beppe è molto introverso, ma è anche lui un fiume in piena, anche se silenzioso; non lo vedi scorrere, però sta scorrendo. Del resto la sua carriera artistica ne è una riprova.
In questo video, inoltre, ci sono delle maschere al posto dei volti. Come mai?
Proprio perchè il video è coerente con il testo della canzone. Ognuno di noi ha un involucro: abbiamo tutti una faccia, un naso, degli occhi, le orecchie. Siamo quindi apparentemente tutti uguali. Ma dentro c'è una mutevolezza che ci distingue da tutti gli altri e ci contraddistingue come esseri unici in ogni istante della nostra vita. Il nostro animo ha una mutevolezza fortissima, che lo differenzia sia da quello di tutti gli altri sia da se stesso nei vari momenti della giornata e nei confronti delle diverse situazioni e persone con cui entriamo in contatto.
Ci piaceva l'idea di far vedere queste maschere un pò alla Malcovich; in fondo, anche la canzone viaggia in un ambito folle. Racconta di questa voce, che parla da dentro, che da un respiro folleggiante, quasi di irrazionalità.
Sei la prima testimonial ufficiale di Save The children per il progetto "Riscriviamo il futuro". Ce ne puoi parlare? In cosa consiste?
Di Save the children ne possiamo parlare una settimana perchè fanno delle cose incredibili per i bambini, hanno progetti su ampio raggio. Io, da mamma, non me la sono sentita di tirarmi indietro davanti a un progetto che ha a che fare con i bambini, per cui sono scesa in campo con tutte le scarpe. Farò quindi sia donazioni personali che donazioni attraverso il disco, mentre ad ottobre faremo un viaggio, credo in Sud Sahara. Vorrei riuscire a muovere più opinione possibile per sostenere ed aiutare questa causa. Fondamentalmente perchè i bambini sono le distese verdi della terra, sono i nostri semi, e contemporaneamente sono l'inizio e la fine, sono tutto. Senza i bambini è la fine; con i bambini è l'inizio.
Riscrivere il futuro significa mandarli a scuola, offrire un domani a bambini che non ce l'avrebbero perchè vivono in paesi devastati da conflitti bellici che magari vanno avanti da 15 o 20 anni.
In questo modo, invece, stiamo offrendo loro la possibilità di crescere non più imbracciando il fucile, ma magari carta e penna, per poter decidere un domani quello che potrà essere il loro destino. Adesso come adesso, infatti, molti di questi bambini non sanno nulla della cultura, di quello che c'è al di là e fuori le loro devastanti realtà, per cui costruire scuole significa far decidere a chi sta lì di non diventare una schiava perchè si ribella, di non andare a combattere a dieci anni ma magari di studiare per diventare medico, di acculturarsi.
I loro giochi, purtroppo, sono le bombe, perchè sono state crudelmente costruite dello stesso colore dei loro giocattoli, tutti vivaci, accesi, che attirano la loro attenzione. Questo fa si che i bimbi li prendano in mano e che magari si debba loro amputare qualche arto solo perchè hanno soddisfatto la loro curiosità, accuratamente richiamata.
Se poi penso a mia figlia, che ogni mattina va in una scuola privata, con i cancelli, protetta, che vive in un mondo fiabesco, non posso riuscire a pensare a quei bambini lì come figli di nessuno, lasciati a se stessi, da buttare. Per fortuna non mi sono ancora abituata a sentire che nel mondo ci sono bambini che vivono in queste situazioni e a girarmi dall'altra parte. Ecco il perchè del mio sostegno a questa associazione.
Ho creduto molto in loro, perchè ho visto la loro sede qui di Roma -davvero modesta, sembra una capanna-, ho visto quello che hanno realizzato, dove hanno operato, i loro sforzi per mandare avanti una iniziativa totalmente lodevole. Non potevo davvero tirarmi indietro.
Il 7 maggio, in occasione della presentazione del tuo album alla stampa, hai detto che da quando è nata Sofia pensi ogni giorno a fare e dire cose per cui lei non si dovrà mai vergognare. Che mamma vorresti essere per lei?
Non vorrei mai che mia figlia tra dieci anni si trovasse a chiedermi cosa intendevo dire quando ho detto o fatto qualcosa; non vorrei mai pronunciasse la parola "ridicola" giudicando le mie azioni e le mie parole. Credo che le parole "dignità" e "coscienza" debbano essere le chiavi di azione di chi ha dei figli; l'importante è non doversi vergognare a posteriori di quello che si è fatto o detto.
Avendo una figlia poi, non vorrei darle un'immagine della vita sbagliata, farle credere che sia tutto facile, tutto lustrini e visibilità. Non vorrei mai che mia figlia pensasse che la vita è lo spettacolo, che la vita è il palcoscenico, anche se faccio questo mestiere. Per me, il tempo che dedico al mio lavoro, allo spettacolo, sono due ore al giorno; poi penso alla casa, a mio marito, a fare la spesa, a badare a Sofia, come una qualsiasi persona normale.
Quando si spengono le luci del palcoscenico, io torno ad essere la sua mamma. E questo a Sofia deve essere ben chiaro. Non confondere il palco dalla realtà; io le devo leggere un libro, le devo raccontare come si fanno le cose, le devo far vedere le pecorelle, devo giocare con lei, farle vedere come è davvero la vita, che non è cantare due ore su un palcoscenico. Quello è solo un periodo della vita.
A proposito di passato, cosa ti è restato di più dei Sanremo a cui hai partecipato?
L'ansia! Sicuramente quella. Perchè Sanremo è il palco dell'ansia. E' il palco in cui in quattro minuti i tuoi discografici ti fanno sentire che ti giochi tutto, in cui o la va o la spacca. E te sei lì che da una parte pensi sia eccessivo dare questa valenza ad un Festival canoro -che per quanto importante possa essere non va comunuqe a decretare "per sempre" il perdente o il vincitore (e di esempi del genere ce ne sono molti)-, dall'altra sei così tanto caricato di ansia che non vedi l'ora che finiscano quei giorni, pur riconoscendone l'importanza.
Hai mai pensato a un progetto in altre lingue?
Sto preparando "Ormai" in francese -che è la mia seconda lingua- e rispolverando l'inglese grazie ai cartoni animati per bambini che vedo con mia figlia...chissà..
Gli appuntamenti del tuo tour?
Il tour è iniziato il 20 maggio e resterò in tournèe fino ai primi di ottobre. Poi finiamo perchè dovrei iniziare come cantante-attrice, una cosa teatrale in cui c'entra molto la musica popolare e diretta da un grande regista; il tutto però è ancora in fase di preparazione. Certa è solo la volontà di portarlo in tournèe. Di più non ti posso dire!
E poi..vorrei restare un poco anche con mia figlia...e, perchè no?, pensare ad un secondo bambino!
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