Il Lama Singha Rinpoche. La "saggia rockstar" d'Oriente
Non ho sbagliato a scrivere il titolo del post, nè voi a leggerlo. Il video è di Singha Rinpoche, lama buddista "rinpoche", vale a dire un monaco tibetano, reincarnazione di lama di livello spirituale elevato, che ha deciso di insegnare la via per il Nirvana attraverso le note dell'hip hop e del rap, rigorosamente in cinese, tibetano ed inglese.
La cosa che incuriosisce di più, in effetti, è l'appartenenza di Singha ai monaci "rinpoche", della scuola Vajrayana, molto diffusa in Tibet, specie nella sua zona centrale. Per oltre duemila anni, infatti, questi monaci hanno vissuto nei monasteri dell'Himalaya senza acqua, luce, gas e riscaldamento, ripetendo dalle quattro del mattino fino a tarda notte i mantra salmodiani e i canti e mangiando le cose cose che gli altri offrivano loro.
Risulta, dunque, per lo meno strano, che uno di loro abbia deciso di abbandonare la tipica veste arancione e la testa pelata per sfoggiare giubbotto di pelle nera, chioma fluente e ingellata, atteggiamenti da rockstar e commercializzazione del proprio sapere. Perchè di sapere si tratta, dato che Singha canta la dottrina buddista. Eppure è successo, scatenando l'ira funesta di quasi tutta l'Asia, già messa in allarme l'anno scorso dalla pubblicazione del suo libro "This is me", in cui non dava di sè proprio l'immagine di monaco probo e rispettoso dei precetti del Vajrayana. Il governo di Taiwan, pertanto, gli ha proibito l'ingresso nel Paese, avendo una condotta di vita totalmente contraria ai precetti dei monaci.
Ma Singha, a quanto pare, fa spallucce; oggettivamente bello e tenebroso, con una calda voce e numerosi fan nel Paese, invece di ripetere ossessivamente i mantra salmodiani in uno sperduto monastero tra le montagne, inginocchiato su un cuscino giallo con su ricamato il fiore di loto, preferisce fare il Buddha vivente, scrivere libri, incidere dischi e girare video e spot da mandare in onda nelle maggiori televisioni musicali asiatiche e mondiali.
Che sia questo l'unico modo per riuscire a parlare di anima e sua realizzazione nel 2007? Che si voglia emulare comportamenti non ortodossi rispetto alla comunità di appartenenza accaduti nel mondo cattolico (vedi il caso di Monsignor Milingo) per non far restare il continente asiatico un passo indietro in questo senso rispetto al "coltissimo" mondo occidentale?
O, forse, aveva semplicemente ragione John Fitzgerald Kennedy quando diceva che "il conformismo è il carceriere della libertà e il nemico della crescita".
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