Tra Olanda ed Egitto, l'Italia. Al MACRO di Roma poker di nazioni
Un uomo, romano e cosmopolita; una donna, egiziana ed ecletticamente sensuale. Infine un collettivo, olandese e "sovversivo"; non è uno strambo menage a trois, bensì la proposta (decente!) del Museo d'Arte Contemporanea di Roma per i prossimi mesi.
Paolo Canevari, Ghada Amer e l'Atelier Van Lieshout sono infatti i protagonisti di tre mostre personali, allestite da oggi ed in esposizione per alcuni mesi, presso il MACRO di Via Reggio Emilia.
Con la collaborazione tra l'Ambasciata dei Paesi Bassi a Roma e lo stesso MACRO, è stato inaugurato a metà maggio il festival "Olandiamo?", che, lungo tutto il corso del 2007, farà da vetrina alla migliore produzione artistica olandese.
L'Atelier Van Lieshout, dunque, all'interno di questo sodalizio artistico, occupa da oggi la hall del MACRO, trasformandone la grande vetrata attraverso un'ingombrante installazione, chiamata The Technocrat 2002-2007.
Composta da quattro parti, l'installazione è un circuito chiuso di cibo, alcol, resti organici ed energia, come a comporre una Cloaca Maxima. In occasione dell'esposizione romana, alcune di queste parti sono state appositamente create, come quella raffigurante "i cittadini" (The Burghers), controfigure plastiche dell'essere umano. Queste controfigure svolgono quotidianamente le medesime funzioni per salvaguardare il circuito di cui fanno parte e da cui dipendono per la sopravvivenza; in quanto parti di un medesimo ciclo, dunque, sono anche loro a rischio riciclo e sostituzione. Una riflessione in assoluto, pertanto, sul divenire dell'uomo e sull'ambiente da lui modificato ma che ne determina la sua stessa esistenza.
Un video in cui un pneumatico brucia come un cerchio di fuoco accoglie invece i visitatori nelle sale Panorama del Museo; inizia da qui l'esposizione personale di Paolo Canevari, tra i sei artisti italiani invitati a partecipare alla Biennale d'Arte di Venezia che si terrà il prossimo giugno.
Un'arte fortemente simbolica la sua, ricca di rimandi al passato e ad un futuro ipotizzabile, sempre che si accetti la destabilizzazione di ogni preconcetto ideologico, fortemente voluta e ricercata dall'artista.
Per "Nothing from nothing" -questo il titolo della mostra di Canevari-, inoltre, è stata appositamente creata l'installazione Twin, vale a dire due sculture rettangolari di identico volume, rivestite interamente dal battistrada di copertoni automobilistici.
Infine, disegni su carta di grande formato portano il visitatore a raffrontarsi su temi politici ed ambientali di rilievo, conducendolo per mano verso la terza mostra semi-permanente del Museo, dedicata ai venti anni di produzione artistica di Ghada Amer ed allestita nelle sale Macro.
Quaranta opere divise per quattro grandi temi: la parola e la scrittura, la condizione femminile, l'erotismo ed il disegno.
Installazioni, dipinti su tela o disegni su carta, tutte le opere della Amer risentono della sua terra, l'Egitto, attraverso il suo richiamo costante effettuato con gli onnipresenti ricami a fili colorati.
L'unione tra la pittura -dall'artista definito un linguaggio maschile-, il ricamo -stereotipato ferro del mestiere di donna-, la pittura e le ideologie del suo paese natìo realizza un prodotto in perenne contrasto con quello che poi la donna Ghada ha vissuto in prima persona, vivendo per un lungo periodo in Grecia e quindi stabilendosi a New York. Come un voler rigettare tutte le forme convenzionali di interpretazione del ruolo della donna basato su una visione antica e bigotta anche del suo erotismo e della sua sessualità.
Infine, la ripetizione di una stessa immagine a riempire la tela, per poi riscrivere sopra con i pennelli o l'ago, realizza la volontà della Amer di affermare un presente diverso da quello che falsi perbenismi ideologici imporrebbero all'agire femminile.
Tre percorsi artistici diversi per affrontare differenti aspetti del quotidiano, rendendo così tollerabile, come diceva Friedrich Nietzche, la vista della vita.
Paolo Canevari, Ghada Amer e l'Atelier Van Lieshout sono infatti i protagonisti di tre mostre personali, allestite da oggi ed in esposizione per alcuni mesi, presso il MACRO di Via Reggio Emilia.
Con la collaborazione tra l'Ambasciata dei Paesi Bassi a Roma e lo stesso MACRO, è stato inaugurato a metà maggio il festival "Olandiamo?", che, lungo tutto il corso del 2007, farà da vetrina alla migliore produzione artistica olandese.
L'Atelier Van Lieshout, dunque, all'interno di questo sodalizio artistico, occupa da oggi la hall del MACRO, trasformandone la grande vetrata attraverso un'ingombrante installazione, chiamata The Technocrat 2002-2007.
Composta da quattro parti, l'installazione è un circuito chiuso di cibo, alcol, resti organici ed energia, come a comporre una Cloaca Maxima. In occasione dell'esposizione romana, alcune di queste parti sono state appositamente create, come quella raffigurante "i cittadini" (The Burghers), controfigure plastiche dell'essere umano. Queste controfigure svolgono quotidianamente le medesime funzioni per salvaguardare il circuito di cui fanno parte e da cui dipendono per la sopravvivenza; in quanto parti di un medesimo ciclo, dunque, sono anche loro a rischio riciclo e sostituzione. Una riflessione in assoluto, pertanto, sul divenire dell'uomo e sull'ambiente da lui modificato ma che ne determina la sua stessa esistenza.
Un video in cui un pneumatico brucia come un cerchio di fuoco accoglie invece i visitatori nelle sale Panorama del Museo; inizia da qui l'esposizione personale di Paolo Canevari, tra i sei artisti italiani invitati a partecipare alla Biennale d'Arte di Venezia che si terrà il prossimo giugno.
Un'arte fortemente simbolica la sua, ricca di rimandi al passato e ad un futuro ipotizzabile, sempre che si accetti la destabilizzazione di ogni preconcetto ideologico, fortemente voluta e ricercata dall'artista.
Per "Nothing from nothing" -questo il titolo della mostra di Canevari-, inoltre, è stata appositamente creata l'installazione Twin, vale a dire due sculture rettangolari di identico volume, rivestite interamente dal battistrada di copertoni automobilistici.
Infine, disegni su carta di grande formato portano il visitatore a raffrontarsi su temi politici ed ambientali di rilievo, conducendolo per mano verso la terza mostra semi-permanente del Museo, dedicata ai venti anni di produzione artistica di Ghada Amer ed allestita nelle sale Macro.
Quaranta opere divise per quattro grandi temi: la parola e la scrittura, la condizione femminile, l'erotismo ed il disegno.
Installazioni, dipinti su tela o disegni su carta, tutte le opere della Amer risentono della sua terra, l'Egitto, attraverso il suo richiamo costante effettuato con gli onnipresenti ricami a fili colorati.
L'unione tra la pittura -dall'artista definito un linguaggio maschile-, il ricamo -stereotipato ferro del mestiere di donna-, la pittura e le ideologie del suo paese natìo realizza un prodotto in perenne contrasto con quello che poi la donna Ghada ha vissuto in prima persona, vivendo per un lungo periodo in Grecia e quindi stabilendosi a New York. Come un voler rigettare tutte le forme convenzionali di interpretazione del ruolo della donna basato su una visione antica e bigotta anche del suo erotismo e della sua sessualità.
Infine, la ripetizione di una stessa immagine a riempire la tela, per poi riscrivere sopra con i pennelli o l'ago, realizza la volontà della Amer di affermare un presente diverso da quello che falsi perbenismi ideologici imporrebbero all'agire femminile.
Tre percorsi artistici diversi per affrontare differenti aspetti del quotidiano, rendendo così tollerabile, come diceva Friedrich Nietzche, la vista della vita.
-Pezzo uscito il 25/05/07 sul Quotidiano della Sera di Roma-
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