18 marzo 2007: l"incipit


"Vieni a fare un giro dentro di me
o questo fuoco
si consumerà da sè.
E se una vita finisce qua
quest'altra vita
presto comincerà"

Con parole di altri (gli Afterhours), apro questo blog, con il fuoco che spero non si spenga mai.
Ho scritto molte parole, forse inutili o banali, o forse interessanti, irriverenti e divertenti.Le ho pubblicate altrove, ma a volte capita che dopo una giornata al mare si torni a casa solo con la sabbia nelle scarpe.
Ecco spiegato, quindi, il perchè di post retrodatati.
E' iniziata anche questa avventura..davanti, l'orizzonte. Sconosciuto. E per questo, assolutamente elettrizzante!
Buona lettura a tutti!



12 febbraio 2008

Intervista a Niccolò Agliardi

- Niccolò, sei laureato in letteratura italiana, fai il cantautore da diversi anni e finora hai pubblicato tre album. Inoltre, hai collaborato con l’Università Statale di Milano in veste di docente e hai presentato e scritto un programma per la radio…Non contento, poi, a metà marzo prossimo uscirà il tuo primo romanzo, scritto insieme ad Alessandro Cattelan, “La vita è un’altra cosa”.. ma non sei stanchissimo?? Scherzi a parte, di tutte queste cose, cos’è che ti piace di più fare? Quale quella in cui Niccolò si sente maggiormente realizzato?

- La musica, le canzoni, la scrittura, la radio, il romanzo, sono tutte declinazioni delle stesse necessità. La comunicazione di una parte di me. Quando la voce non basta, la creatività aiuta ad arrivare dove si vuole. Anche attraverso altre vie. Meno dirette ma pur sempre efficaci.

- Hai collaborato in questi anni con moltissimi artisti sia italiani che stranieri. Uno a cui sei particolarmente affezionato e di cui ricordi con piacere consigli o scambi di idee?

- Eros Ramazzotti, per la sua schiettezza e per la sua lucidità. Una voce importante che ha reso speciale quello che ho scritto per lui ("Ci parliamo da grandi").

- Lo scorso 25 gennaio è uscito il tuo terzo album, “Da casa a casa”. Cosa credi caratterizzi di più questo tuo ultimo lavoro?

- La lealtà, il lavoro certosino sulle parole e sugli arrangiamenti. L’onestà con cui tutti hanno lavorato, la passione e la generosità dei collaboratori e dei musicisti.

- Ascoltando il cd -e prima di aver dato uno sguardo alla tua biografia-, ho pensato che la tua voce, specie nel primo brano dell’album, “Da casa a casa” (che poi da anche il nome al lavoro intero), è molto simile a quella di Ivano Fossati; leggendo la tua bio, poi, per l’appunto, ho scoperto che Fossati è un cantautore da te amato al punto tale da meritarsi il tatuaggio del titolo di una sua canzone sul tuo braccio. In cosa pensi di differenzi, al giorno d’oggi, la cosiddetta canzone d’autore, rispetto agli altri generi, sempre se secondo te esiste ancora? Voglio dire, pensi sia possibile un ritorno ai tempi d’oro della coesistenza di cantautori come Fossati, De Andrè, De Gregari, Guccini, Battiato, tanto per citarne alcuni?

- Loro parlavano di ciò che avevano dentro e fuori di sé. Delle società, del mondo, dei loro nemici, del futuro che stava cambiando le cose. Avevano e hanno una caratura diversa dalla mia, per capacità ed età anagrafica, è più facile parlare di sé. Ma i grandi capolavori si attingono prendendo le distanze dal proprio ego e raccontando d’altro. Fuori di sé. Per questo i grandi sono rimasti nella storia. Noi non abbiamo nemici importanti, noi abbiamo da riscattare le nostre fragilità. Per questo faremo fatica ad entrare nella storia.

- Tornando alla canzone “Da casa a casa”, a un certo punto affermi che il sentirsi soli è il prezzo per chi finge nella vita, per chi non osa; c’è qualcosa che finora non hai mai osato fare o dire e di cui ti penti?

- Ci sono alcune cose che non ho avuto e che non ho il coraggio di prendere di petto e per questo ne pago le conseguenze. Privatamente.

- In effetti, come da te notato, l’argomento conduttore un po’ di tutte le canzoni, è quello dell’attesa, in tutte le sue vesti e sfaccettature. Cos’è che hai aspettato di più finora e che stai ancora aspettando?

- Ho aspettato tanto e tante cose. Come capita a molti. Dall’amore come lo volevo io al risultato nel lavoro dopo tanti anni di fatica. Aspettare è una non scelta, o una scelta di qualcun’ altro. Vivere mentre si aspetta è una soluzione importante per non farsi sopraffare dall’impazienza e dalle false speranze.

- Nell’ultima - tra l’altro molto carina ed originale!- canzone dell’album, “Zazà”, ti rifai al manga più famoso al mondo, Lupin, per sottolineare l’amarezza che a volte si prova quando, dopo aver aspettato a lungo la realizzazione di qualcosa, alla fine si resta disperatamente delusi dal concretizzarsi di quel desiderio. Secondo te è peggiore questa sensazione o quella di aspettare inutilmente qualcosa?

- Anche la felicità, quando raggiungi un risultato può fare paura se non sei abituato. Ma col tempo riesci a maturarla e metabolizzarla dentro di te. Attendere e restare deluso dall’assenza è un esercizio col quale invece tocca familiarizzare. Capita spesso e a molta gente

- In “Aspetto una domanda”, fai riferimento alla difficoltà di comunicazione tra genitori e figli e all’attesa inutile di risposte a domande non comprese o inesistenti. Non pensi che oltre ad essere un problema generazionale, la difficoltà di comunicazione sia anche caratteristica dell’attualità? Basti pensare alle cose non dette dei nostri politici, alle inchieste infangate o ai casi di sensazionalismo mediatico basati su false comunicazioni..credi sia un problema di linguaggio o specifica volontà di non farsi capire?

- Ci si può far capire attraverso un gesto, un segnale, uno sguardo, un regalo o una canzone. E si può non riuscire al primo tentativo. Ma se uno lo desidera, un modo alternativo esiste sempre. Avendo il tempo o cercandolo. O “aspettandolo”.

- In “La panchina” celebri uno dei luoghi per eccellenza dell’attesa; nella vita, sei uno che sa attendere o sei impulsivo?

- Sto cercando di fare coesistere le due cose. Due facce di una stessa medaglia. Due lati del mio carattere.

- “Secondo te?” e “Continuamente” sono due canzoni d’amore, in cui racconti due attese diverse; in “Non ci aspettiamo più”, invece, fai una dichiarazione di resa. Cosa credi sia più difficile fare?

- Accettare il dato di realtà e le volontà di chi si ha davanti è molto importante. Anche la fine ha la sua nobiltà. Se è una fine “definita” e se serve per non continuare a mentirsi. Il rispetto per sé stessi e per chi ha condiviso con noi una storia importante è la chiave fondamentale per scegliere come proseguire.

- Mi è piaciuta molto anche “Dante”; puoi dirci come sia nata questa canzone e da quale tua necessità?

- Dante ha messo Beatrice in un paradiso letterario. Lei voleva godere del paradiso terreno. Magari attraverso l’orgasmo. Si è solo sfogata per ottenere ciò che si meritava; l’amore concreto dal suo amato, distratto dalla composizione della sua opera magna.

- Di tutte le 12 canzoni dell’album, qual è che ti piace di più? Perché?

- “Da casa a casa”. Perché è ancora molto viva e accesa dentro di me l’emozione per cui l’ho scritta.

- I tuoi prossimi progetti?

- Tanti concerti live, soprattutto il 3 aprile al Blue Note di Milano

-Intervista pubblicata su www.lineamusica.it il 12.02.2008-

1 commento:

Anonimo ha detto...

See here