Primo giorno
Ho meno di 24 ore di New York sulle spalle eppure la mia valigia e' gia' notevolmente aumentata di volume.
Presa dalla smania di possedere, finalmente, una buona macchina fotografica digitale a prezzi ragionevoli, appena sveglia la mia meta e' stata B&H Photo, un mega store dedicato prettamente alla fotografia e ad altri simili prodotti tecnologici.
Ho impiegato piu' di un'ora per arrivare al negozio, sia per la relativa "vicinanza" del posto, che a causa dell'obbligatoria sosta-colazione da Sturbucks, della passeggiata sulla 5th Avenue -con foto all'Empire, anche se da sotto!- e sconfinamento a sud di Broadway.
B&H e' uno store che occupa un isolato; un via vai di gente incredibile. Ma il vero catalizzatore dell'attenzione e' lui: il personale del negozio. Tutti di religione ebraica, conservatori, muniti del loro tipico copricapo nero, sui capelli corti da cui sfuggono due lunghi ciuffi in contorno del viso, ora lasciati liberi, ora raccolti in treccia o in torscion.
Mi serve un ragazzo molto gentile dai torscion castani; al termine della lunga pratica, mi ritrovo con una macchina pagata ben 120 euro di meno che in Italia, accessori vari, 250 euro in meno nel conto in banca e la firma della carta di credito lasciata scritta su un monitor con una pennetta ottica.
Ma la lista degli acquisti non e' ancora finita: dopo un veloce pranzo nella vana speranza di incontrare Al Pacino al Bar Pitti a Soho, e' stata la volta di Broadway Av, dove lo store della Apple, tutto trasparente e in legno, mi ha letteralmente incantata. Ovviamente, dopo aver provato praticamente tutti i Mac a disposizione nel negozio (e rigorosamente connessi ad internet), essermi fatta confondere dalle mille voci e musiche che uscivano da tutte le casse collegate ad ogni singolo computer, i-pod o apparato elettronico ed aver giocherellato con il nuovo i-phone, l'i-pod video ha aumentato la lista dei miei acquisti.
Morale: nei miei chilometri di oggi ho attraversato Broadway, passeggiato per Noho, Soho e Little Italy (o meglio, quel che ancora ne resta), naso all'insu', videocamera accesa e passo insolitamente lento, come a voler dare un peso diverso ad ogni mia "conquista" del suolo americano.
Cena nel Diamond District ed, infine, giro per Broadway illuminata anche dai molti flash dei turisti che, come me, stavano cercando di capire se non erano stati piuttosto catapultati a Las Vegas.
Miliardi di macchine dai clacson sempre pigiati, turisti e spettatori, curiosi, abitanti o ritrattisti, il theatre District ha parlato mille lingue diverse, mischiando in un unico rap sulla musica dei clacson l'americano, lo spagnolo, il russo e l'italiano. Ha mischiato la limousine da 40 posti, la carrozza viola trainata da un paio di bardi, il bicycling taxi ed i piedi, tutti in direzioni diverse, scomposte e ritmicamente non uniformi.