C.P.F. - Cinque Pezzi Facili al Teatro Lo Spazio di Roma
C.P.F., alias Cinque Pezzi Facili. Non quelli di Rafelson, vincitori di un premio Oscar.
Si tratta, piuttosto di cinque pezzi, a dir la verità non proprio facili, scritti e diretti dal giovane regista romano Alex Cantarelli, in scena fino a Domenica 8 Aprile al Teatro Lo Spazio di Roma.
A dispetto del titolo, infatti, i cinque pezzi di Cantarelli sono a volte un pugno nello stomaco, pieni di sagacia ed ironia, ma anche duri e assolutamente veritieri.
La scena è riempita solo da qualche sedia, bianca, candida, come la coscienza, che a volte scompare per lasciare al centro l'uomo, l'attore, il personaggio, il suo ruolo.
Pochissimi sono i nomi dei protagonisti. C'è Umberto C., personificazione dell'anti-eroe, le cui parole e i cui gesti, sebbene a suo dire siano giustificati da un copione, sono condannati addirittura da un Andreotti censore, critico verso i suoi modi bruti e scontrosi, che poco si confanno al comune vivere.
E ci sono poi Giangy, Pucci, Lally, Gnammy, membri, quasi tutti, di una famiglia talmente indaffarata a "fare altro", uscire, usare un linguaggio considerato "alla moda" ma fondamentalmente sboccato, da non accorgersi di un importante avvenimento simbolo dell'unione familiare, il Natale, a sottolineare la disgregazione anche del focolare domestico, a vantaggio di un'dea di "casa" che è pura e semplice facciata.
Nei restanti tre pezzi facili il nome, l'attore con un ruolo ben preciso vanno man mano disgregandosi.
Se in "Mio marito è uno Strehler" una moglie scusa la disattenzione e candida ferocia del marito nella vita coniugale con l'amore e l'impegno di lui per la sua carriera artistica, nel quarto di questi brevi pezzi di Cantarelli ("Cinque personaggi in cerca d'autore") sono gli attori stessi che si ribellano all'autore e regista e che vogliono imporsi come scrittori della propria parte. Si trovano tuttavia, a raccontare, inconsapevolmente, ciascuno parti di vita dell'altro, incapaci di inventare davvero una parte per sè, intrappolati come sono nel ruolo dell'attore che "parla solo della sua vita" sebbene da insegnamento bisognerebbe interpretare, e non parlare di sè.
Con Fantasmi, infine, torna il rimando del titolo a Rafelson.
Marito e moglie che ricevono dopo due anni la visita del figlio e della sua compagna, si ritrovano l'una in cucina a preparare manicaretti per gli ospiti, l'altro a scontrarsi col figlio a causa di una sua ipocrita azione di alcuni anni prima, in un crescendo di frasi dure, confronti-scontri dal finale drammatico, a sancire come la vigliaccheria, l'egoismo e l'ipocrisia siano spesso i paraventi dietro cui facilmente ci si rifugia.
Bravissimi i sette attori in scena: Mimma Mercurio, Maria Letizia, Simone Pieroni, Antonio Sinisi, Dario Tacconelli, Isabella Carle ed Aurora Deiana, capaci di far sorridere, emozionare, commuovere e intrigare il pubblico. Molto belle anche le musiche, appositamente composte da Cantarelli per i Cinque Pezzi Facili.
L'ennesima dimostrazione che del buon teatro si può ancora fare; e dal calore del pubblico che questa sera ha assistito alla prima, l'ennesima dimostrazione che il talento viene sempre apprezzato.